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Il cambio di vita e di abitudini incide sulla nostra psiche e genera malattie

Immagine del redattore: Ogni GiornoOgni Giorno

Lo scienziato Antonio Giordano analizza in un articolo l'indebolimento del nostro "io" di fronte a scelte che spesso facciamo per necessità o per rendere contente altre persone.

La vita ci porta spesso ad un cambio di rotta ed un cambio di abitudini, ma quali sono le vere conseguenze di tali scelte personali o professionali? Quali sono i benefici per il nostro organismo ed in particolare per la nostra psiche? Il prof. Antonio Giordano, scienziato italo-americano e Direttore dello Sbarro Insitute di Filadelphia per la ricerca contro il cancro, ci invita ad una riflessione sul nostro stato di salute che frequentemente è collegato ad uno status mentale e di benessere. Quando nella vita imbocchiamo strade che non ci somigliano - scrive Giordano -, perché costretti dalle circostanze o più ancora, per compiacere gli altri, o per il bisogno inconscio di essere accettati, il “nostro io” si indebolisce, l’anima si ammala, poiché si è lasciato il sentiero tracciato dalle nostre personali inclinazioni ed attitudini, piegandoci a percorrere strade battute da altri.

Tradire la propria idea di sé, la propria identità autentica, ingenera un “meccanismo autodistruttivo”, lasciandoci preda del disagio psichico e delle malattie.

Si stima che la spesa farmacologica in crescita oggi - come si legge anche nell'articolo pubblicato su Sud Reporter, sia orientata all’acquisto di psicofarmaci, soprattutto dal periodo pandemico in poi, in cui certamente la paura e l’incertezza hanno giocato un ruolo fondamentale, insieme al senso di costrizione della personale libertà.

Spesso, siamo portati a credere che la salvezza, la salute - prosegue Giordano- consista “nell’anestetizzare” il dolore, la nostra percezione delle difficoltà, ricorrendo al farmaco, senza attraversare con una attenta analisi quelle che sono le concause psicologiche della malattia mentale o fisica.

Lo scienziato Giordano fa riferimento ad un vero e proprio “switch-off”, l’interruttore che innesca o spegne la nostra capacità di reazione, che ci indebolisce al punto da lasciarci nell’abbandono più totale, fino a determinare una morte prematura.

La chiave di lettura di questa “fragilità”, secondo orientamenti recenti, sta certamente “nella capacità di attraversare”, resistendo alla tentazione di anestetizzare farmacologicamente, salvo gravi casi, il dolore psichico, a capirne altresì le cause e ad orientare la propria vita “secundum natura”, come ci diceva già Seneca nel “de vita beata”, secondo la “ propria natura”, non forzando la propria indole in ambiti e percorsi che ad essa sono “ alieni”.

E lo stesso Seneca perla del “remedium”, il rimedio al disagio fisico e psichico, e nel quale si nasconde il segreto stesso della salute ossia la felicità.

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